“Disabilità e Benessere” è un programma che vuole dare consigli utili e strategie efficaci per affrontare la vita SuperAbile con maggiore consapevolezza e serenità. Ogni puntata tratteremo un tema differente e le domande o le richieste degli ascoltatori diventeranno spunti di riflessione e confronto che discuteremo in radio. A cura di Emanuela Fatilli.
Brad Lomax è una figura chiave nella lotta per il rispetto delle leggi e l’attuazione di una società che non sia discriminante e abilista.
Disabile e nero è stato membro delle Black Panthers rendendolo ad oggi uno dei migliori esempi di attivista intersezionale. La sua storia talvolta dimenticata ma di una forza e importanza fondamentale.
Haben Girma è la più famosa avvocato sordocieca americana. Definita dal Presidente Obama Campionessa del Cambiamento, sposa la causa delle persone disabili sdoganando le basse aspettative sociali su di esse.
La battaglia per le pari opportunità deve diventare un movimento culturale e sociale affinché la persona disabile non sia vista solo attraverso gli occhi dell’abilismo ma come una risorsa. L’unico limite è il cielo ha detto più volte Girma nei suoi Talk.
La persona disabile non deve essere quella che ci crede di più per poter arrivare, deve poter godere delle stesse opportunità che vengono date alle persone normodotate.
L’esempio di Helen Keller attivista sordo cieca che all’inizio del secolo scorso diventa la prima donna affetta da disabilità sensoriali a laurearsi, è ancora oggi simbolo di libertà e forza per tutte le persone disabili.
Nata in Alabama nel 1880 era considerata poco più di un animale poiché non normale. Solo l’arrivo di Anne Sullivan che divenne sua istitutrice ed inseparabile amica, la portarono ad avere consapevolezza di sé e del mondo intorno. Scrisse libri, conobbe le più grandi personalità del tempo.
A lei venne dedicato un film vincitore di Oscar e diverse pièce teatrali. A lei sono dedicati tutt’ora premi, riconoscimenti e borse di studio. Perché possiamo essere tutti Helen Keller?
Crip Camp disabilità rivoluzionarie è vincitore del Sundance Film Festival del 2020 che parla delle prime rivendicazioni dei diritti delle persone disabili da parte di un gruppo di giovani disabili che si era conosciuto ad una campo estivo vicino a New York.
Per la prima volta prendono coscienza delle enormi difficoltà per vivere autonomamente, della mancanza di privacy nell’igiene personale e di genitori troppo spesso ciechi davanti alle loro esigenze di benessere psichico.
Ne scaturisce un film per niente buonista ne paternalistico ma molto reale, convincente e suggestivo a far vedere nelle scuole.
I Social Network ci hanno abituato ad entrare, più o meno in punta di piedi, nella vita di artisti, calciatori e attori. Oggi anche moltissime persone disabili, famose e meno, producono contenuti di vario genere che interessano ed avvicinano al mondo normodiverso anche chi stenta a liberarsi del proprio abilismo innato.
Sofia Righetti, Valentina Tomirotti, Fabrizio Acanfora e Moreno Sartori ci avvicinano a mondi tanto lontani quanto affascinanti da non poter far a meno di seguirli e guardare le loro storie ogni giorno.
Oltre la disabilità, oltre l’amore per gli animali, oltre ogni barriera. Moreno Sartori abbatte le convenzioni che vorrebbero i disabili al loro posto. E lo fa a modo suo. Inventandosi un lavoro più di vent’anni fa che si è dimostrato poi assolutamente all’avanguardia.
Creando un associazione Crescere Insieme che stimola le persone a tirare fuori il meglio da se.
In una chiacchierata poco convenzionale, parliamo di benessere di speranze e di sogni che speriamo non rimangano solo utopie.
Perché ci si ostina a non riconoscere la malattia mentale come una condizione e dargli la dignità di malattia come tutte le altre condizioni?
Cosa spinge l’uomo ad essere così insensibile verso le problematiche che riguardano la sfera personale? Solo il passato di colpa e vergogna oppure un’incapacità sociale di guardarci per come siamo veramente?
La difesa ad oltranza di un modo di parlare scorretto e scurrile sembra diventato uno dei pallini di chi vuole assolutamente far tacere le minoranze, insinuando che ormai abbiamo paura delle parole.
Tranquilli. Nessuno ha paura delle parole ma le persone realmente coinvolte han cominciato a parlare e a dire come preferirebbero essere nominati. Dar loro ascolto è segno di umanità e solidarietà.
Parliamo ancora del linguaggio da usare per parlare di disabilità. In questo contesto non possiamo non tener conto dell’antropologia culturale e degli autori che nel tempo hanno analizzato e osservato i differenti modi di percepire la disabilità in luoghi diversi afferenti a culture diverse.
È possibile che lo studio antropologico cambi il nostro modo di vedere tanti stereotipi ai quali abbiamo dato nel tempo accezione negativa?
Chiediamo ad una persona disabile se sorride quando qualcuno lo chiama handicappato oppure domandiamo ad un omosessuale quanto gli faccia piacere sentirsi urlare fr**cio? Secondo me la risposta è identica: Neanche per idea!
Perché non abbiamo ancora capito che nel dibattito sulla vita di qualcun altro, l’altro va coinvolto necessariamente?